NEGLI ULTIMI 10 ANNI
Le valli della Lombardia hanno conosciuto un destino comune. Proprio mentre una parte del tessuto produttivo andava in crisi, riducendo il numero delle aziende e dei posti di lavoro disponibili, il settore pubblico riduceva la sua presenza: meno investimenti nelle infrastrutture, meno scuole, ospedali, tribunali, uffici pubblici… Il risultato non poteva che essere lo spopolamento: sempre meno persone giovani che restano, sempre meno che vengono da fuori a vivere e lavorare.
Non è un caso che oggi – per numero di nuovi nati, reddito pro capite, quantità e qualità dei servizi offerti alle persone – un comune delle alte valli lombarde sia più simile ad un paese dell’entroterra siciliano che non al capoluogo di provincia più vicino, che sia la città di Bergamo, Brescia, Como, Lecco o Varese. E questo è anche frutto di una serie di scelte politiche precise che hanno penalizzato i nostri territori.
Renzo Piano diceva che “i giovani devono partire per curiosità, non per disperazione. E poi tornare. Partire per capire il resto del mondo e prima ancora sé stessi.” Dalle valli se ne sono andati in troppi, e non solo per curiosità.
Noi crediamo che le cose debbano cambiare. Non chiediamo di riversare nelle valli soldi senza progettualità, ma di mettere la montagna in condizione di produrre ricchezza.
SERVIZI
Non si può pensare che le persone vivano in un luogo, se non ci sono servizi all’altezza. Soprattutto in montagna, la presenza o meno di questi fa la differenza nelle scelte di vita delle persone.
Eppure, nel 2018, la Giunta Fontana ha preferito chiudere il punto nascita di Piario per lasciarne aperti quattro nel raggio di 10km attorno a Bergamo. è un esempio emblematico di quello che succede in Lombardia: di punti nascita piccoli ce ne sono tanti – 103 in Italia – ma, mancando il personale necessario, a Bergamo bisognava fare una scelta: e la Giunta ha scelto, come sempre, di tagliare i servizi in montagna.
Lo stesso vale per il reclutamento del personale: in Lombardia non si prevedono veri incentivi economici e di carriera – meno tasse per cinque anni e un punteggio più alto nei concorsi, ad esempio – per spingere i professionisti sanitari a venire a lavorare in montagna. E così, la carenza di medici di base, medici ospedalieri e infermieri mette a rischio la sopravvivenza di reparti, ospedali, strutture per anziani, servizi territoriali.
Sono scelte politiche del centrodestra lombardo, ma non è scritto da nessuna parte che debba continuare ad essere così! Ho dedicato decine di atti consiliari, incontri e battaglie ai presidi ospedalieri di Piario, Lovere e San Giovanni Bianco e in generale alla qualità dei servizi offerti nelle aree montane. Perché non si possono prevedere gli stessi parametri di efficienza previsti per la città, non si può inseguire un criterio esclusivamente numerico ed economico, di breve periodo, che non tiene conto delle caratteristiche e della dignità dei territori più periferici, della stabilità che devono avere i servizi e delle garanzie che bisogna dare alle famiglie che decidono di viverci. Altre regioni lo stanno facendo: bisogna pretenderlo anche da noi.
FISCALITA’
Fare impresa nelle valli è spesso più complicato e più costoso che non nelle zone più abitate e meglio servite da infrastrutture e servizi. Se vogliamo che anche in quei territori si possa sviluppare un’imprenditoria diffusa – dalla manifattura al commercio, dalla cultura al turismo – bisogna immaginare una fiscalità di vantaggio che consenta di riequilibrare quelle difficoltà.
Ad esempio, prevedendo che gli sgravi contributivi pensati per il Sud vengano applicati anche alle aree montane della Lombardia: 30% di contributi in meno per dieci anni per ogni nuovo assunto, 100% per tre anni se sono giovani o donne. Ancora, rendendo strutturali i bonus fiscali sulle riqualificazioni edilizie per le sole aree montane, dando così la possibilità di ristrutturare l’enorme patrimonio immobiliare: abitazioni private ma anche fabbriche dismesse, edifici storici con potenzialità culturali, assistenziali e turistiche. Un trattamento speciale che va riservato alle aree interne anche riguardo all’agricoltura di montagna e agli interventi di prevenzione da frane e dissesto idrogeologico, anche attraverso le risorse derivanti dai canoni delle centrali idroelettriche. Grazie ad una nostra battaglia, sul territorio rimarrà non più solo il 10% delle tasse pagate alla Regione per l’utilizzo dell’acqua, ma l’80%. E’ inoltre indispensabile un intervento straordinario per diminuire e rateizzare i costi delle bollette per le imprese e le famiglie che, a seguito della crisi energetica, hanno raggiunto livelli altissimi e che in montagna, durante l’inverno, saranno ancora più pesanti.
INFRASTRUTTURE
La mobilità è un fattore di sviluppo per qualsiasi territorio, ma per quelli più periferici è questione di sopravvivenza. è anche dalla facilità con cui ci si muove da e per un territorio che dipende la sua attrattività nei confronti delle imprese e dei cittadini. Le risorse straordinarie di cui lo Stato e le Regioni dispongono oggi devono servire anche a ridurre il ritardo infrastrutturale accumulato da decenni nelle valli. Mobilità stradale, ferroviaria, ciclabile e impianti di risalita: piccole e grandi opere mirate allo sviluppo dei singoli territori.
Ma se si reclamano più soldi, bisogna anche essere in grado di spenderli bene: i comuni devono lavorare sempre più a livello di ambito, progettare insieme gli interventi da realizzare e concentrare le risorse su pochi progetti significativi che possano davvero rilanciare il territorio e dargli una prospettiva di crescita in termini di popolazione, imprese, ricchezza.
Non solo: negli ultimi due anni abbiamo sperimentato quanto la tecnologia consenta a una fascia di lavoratori di lavorare bene anche senza essere sempre fisicamente presenti in azienda, di farlo vicino a casa, guadagnando in relazioni familiari, senza lo stress e il tempo perso nel traffico, con un’economia locale che beneficia di nuove presenze. Perché non farlo in montagna, allora? Pensiamo a realizzare spazi di coworking dedicati a quanti lavorano vicino a casa e potrebbero farlo senza rinunciare al contatto fisico e allo scambio di esperienze con altre persone.
E poi, una connessione veloce. Il piano Banda Ultralarga porterà la fibra in tutti i comuni lombardi nel corso dei prossimi due anni: partiamo da quelli più periferici. Garantiamo al più presto nelle zone scoperte una connessione ad alta velocità.
Gli ultimi dieci anni sono stati duri per le valli lombarde. Si sono persi posti di lavoro, servizi ed è diminuito il numero degli abitanti, soprattutto giovani.
I prossimi dieci anni devono essere quelli del rilancio, della possibilità di vivere, produrre ricchezza e costruire un futuro nei territori montani.
è quello a cui tengo di più, l’obiettivo a cui ho scelto di dedicare il mio impegno. Con un invito aperto a tutti: facciamo sentire, più forte che mai, la voce di chi vuole tenere viva la montagna.