Mi chiamo Jacopo Scandella, sono nato il 22 aprile 1988 e vivo a Clusone, in Alta Valle Seriana, insieme a mia moglie Anna e ai nostri due figli Emanuele e Caterina.
Nel provare a raccontarvi chi sono, partirei proprio da qui. Con Anna ci siamo sposati il 7 giugno del 2014 e, di tutte le cose che mi sono capitate finora, è stata la più bella. Perché è il nostro progetto ad aver dato un senso, un significato più profondo a tutte le cose che faccio. Il 3 dicembre 2017 è arrivato Emanuele, l’8 novembre 2019 invece Caterina. E se con il matrimonio cominci a condividere le tue priorità con un’altra persona, con l’arrivo dei figli sono loro a diventare ufficialmente più importanti di te. Me lo raccontava anche mio padre, ma finché non lo vivi di persona non è la stessa cosa…
Mio padre, quindi. È sempre stato appassionato di viaggi e di novità: all’inizio degli anni ’90 mi ha fatto scoprire il computer quando ancora non l’aveva nessuno e per tutta l’infanzia ci ha portati in giro per l’Europa – insieme alla mamma e a mia sorella Anna, più giovane, creativa, ambiziosa, a cui voglio tanto bene – dove abbiamo imparato il piacere di viaggiare e di scoprire cose nuove. La passione per la politica in casa ce l’avevano tutti, ma è la mamma che gioiva sul divano, incollata al televideo, guardando le ultime proiezioni post-voto da una qualsiasi città italiana dove il centrosinistra fosse in vantaggio. “Abbiamo preso Novara!”, e scappava un sorriso.
L’asilo e le scuole le ho fatte tra Songavazzo, Onore, Rovetta e Clusone. Al Fantoni ho conseguito il diploma di Liceo Scientifico per poi laurearmi in “Comunicazione per la Cooperazione interculturale e ambientale” all’Università di Bergamo, dove ho studiato russo e tedesco. Pur essendo lontano – molto lontano – dalla definizione di “studente modello”, mi sono sempre piaciute le materie umanistiche: il latino, le lingue, la storia, la letteratura italiana e straniera. In generale, quello della scuola lo ricordo come un periodo bello, dove ho potuto conoscere persone che mi hanno dato tanto.
Una grande passione della mia vita è sempre stata lo sport. Gioco a calcio da quando ho memoria e anche se gli impegni mi hanno costretto a restringere le dimensioni del campo (da 11 a 7 o a 5) e dell’impegno settimanale, non ho proprio voglia di smettere. Va bene anche il tennis, oppure il basket o la pallavolo. Se c’è una competizione, che sia la partitella in giardino o un torneo ufficiale, mi sento bene.
Mi sono poi sempre dato da fare nel volontariato a 360°: da donatore del sangue, da cassiere al cinema, a teatro (mi manca recitare nella compagnia di amici di cui ho fatto parte, “Gli inadatti”), nelle associazioni locali e in Oratorio, per la Bielorussia o le missioni. L’importante è sempre stato darsi da fare, provare ad essere utile a qualcosa e a qualcuno. I viaggi in Ghana e in Bielorussia sono quelli che più tra gli altri mi hanno cambiato la vita: perché fuori dalla “comfort zone”, a contatto con situazioni estreme, riesci – almeno per un po’ – a ritarare le tue priorità, a capire meglio cosa è davvero importante.
Durante e dopo l’Università ho lavorato come insegnante-educatore, prima in una comunità alloggio per adolescenti con disagio familiare, poi fondando insieme ad altri quattro coetanei la Cooperativa Origami, che si occupa tutt’ora di aiuto compiti, ripetizioni, laboratori didattici e corsi per bambini, ragazzi ed adulti. Non riesco più a dedicargli il tempo e l’impegno che merita, ma veder crescere la Cooperativa è davvero una grande soddisfazione. Lo è in particolare l’aiutare i tanti bambini e ragazzi incontrati lungo il percorso, e nel farlo dando lavoro a persone giovani e preparate.
Dicevo prima dell’essere utili. Se con il volontariato puoi essere utile e dare una mano a 1, 10, 100 persone, con la politica hai la possibilità di fare del bene per tutti. E questo è qualcosa di affascinante.
Avevo fatto alcune esperienze di rappresentanza – consiglio di classe, d’Istituto, consulta studentesca, consiglio di Facoltà – ma entrare in un partito era un’altra cosa. Aspettavo la scintilla, che è arrivata con la nascita del Partito Democratico.
In Alta Valle Seriana lo abbiamo costruito dalle fondamenta, dandogli una nuova sede, formando e incentivando la presenza di giovani nelle amministrazioni locali e nei circoli, abituando le persone alla presenza fissa di un partito su un territorio non tra i più “comodi” per il centrosinistra. Sito web, volantinaggi, gazebo, manifestazioni, incontri: dal lavoro alle unioni di comuni, dai servizi sociali alla scuola, dalle questioni locali fino alla politica internazionale.
Con il gruppo di persone – soprattutto giovani alla prima esperienza – che ho avuto il piacere e la fortuna di coordinare, ci siamo innanzitutto divertiti. Il bello di un partito è che ti dà la possibilità di entrare in contatto in pochissimo tempo con una marea di esperienze diverse: dal piccolo artigiano che ti spiega il perché una legge non funziona al deputato che quella legge la può cambiare in Parlamento. Ti fa crescere, nella consapevolezza dei problemi, delle possibili soluzioni, della modalità con cui interagire con le persone. Fatelo. Iscrivetevi, entrate in un gruppo. Ne vale la pena.
Nel 2013 arriva poi la candidatura per il Consiglio regionale, sull’onda di una mobilitazione territoriale e generazionale. Insieme alle tante persone che si sono raccolte attorno alla mia candidatura – e che non ringrazierò mai abbastanza per quello che siamo riusciti a fare – volevamo semplicemente testimoniare un modo diverso di fare politica. Volevamo far sapere che i giovani in Lombardia non dovevano essere rappresentati soltanto da Renzo Bossi; che i territori di periferia meritavano più attenzione; che il pluralismo nel PD non si esauriva con “uno ex-Ds, uno ex-Margherita”. Senza “padrini” politici o correnti strutturate, c’è voluto anche un po’ di coraggio. Ma di fronte ai “sei una risorsa, non bruciarti” o “ti troviamo un posto alla prossima occasione”, non ho mai avuto dubbi su quale fosse la cosa giusta da fare. Detto questo, mica pensavo di essere eletto per davvero!
E invece… Durante il mio primo mandato, da Capogruppo PD in commissione Territorio e Trasporti, mi sono occupato in particolare di Pianificazione territoriale, consumo di suolo, trasporto ferroviario e legge sui luoghi di culto; da membro delle commissioni Affari Istituzionali e Cultura, Istruzione, Formazione professionale, Sport ho seguito in particolare le politiche per la montagna ed il diritto allo studio.
Nel 2017 ho coordinato il gruppo per la costruzione del programma elettorale della coalizione di centrosinistra in Lombardia, e alle elezioni regionali del 2018 è arrivata la riconferma in Consiglio.
Con il loro voto, 6289 persone mi hanno consentito di tornare al Pirellone ed essere il Consigliere più votato di tutta la provincia di Bergamo. E non posso negare sia stata una grande emozione.
Il secondo mandato è una cosa diversa: più esperienza, più contatti, più capacità di incidere nelle vicende del Consiglio regionale. Seppur ancora dall’opposizione, in questi primi anni abbiamo affrontato tante battaglie. Alcune già note – per i giovani, le famiglie, la montagna – altre rese ancora più urgenti dall’attualità, come la necessaria riforma del sistema sanitario lombardo alla luce dell’esperienza Covid, delle ricadute sanitarie, sociali ed economiche sulla nostra Regione.
Sono convinto che la Giunta lombarda abbia bisogno di essere rinnovata. E per cambiare servono facce e idee nuove rispetto a quelle che l’hanno guidata finora. Per il centrosinistra, vincere le regionali in Lombardia è qualcosa che giustifica una vita di impegno politico. Io ho scelto di dedicare un pezzo della mia a questi territori, a questa istituzione, a questa sfida.